venerdì 30 ottobre 2009

Lettera di Barbara Olivi sul blog Italians di Beppe Severgnini

http://www.corriere.it/solferino/severgnini/09-10-30/02.spm
Sei anni dopo scrivo da Rio de Janeiro, favela Rocinha

Carissimo Beppe,
scrivo da Rio de Janeiro, favela Rocinha, per ricordare insieme i sei anni dalla tua visita e rinnovarti così il nostro affetto. Era ottobre 2003, tra vicoli, fogne e baracche ti mostrai quella realtà sociale e umana alla quale stavamo dedicando un ideale. Sono sei anni nei quali siamo stati grati a ogni singolo giorno vissuto che per quanto duro e crudele, non è mai stato sterile. Abbiamo aperto cinque sedi di progetti educativi, acquistate con la generosità di tanti italiani anonimi e spontanei e per noi preziosi. Abbiamo accolto, abbracciato, consolato, educato centinaia di bimbi e giovani e sostenuto le loro famiglie. Con abnegazione e infinita gioia abbiamo amato senza riserve nel rispetto di ogni individualità. In questi anni abbiamo visto troppi giovani morire violentemente, bambini crescere senza ricevere carezze, troppe mamme abbandonare i propri figli, donne piangere il compagno ucciso, e fiumi di alcol, droga e rassegnazione. E noi stessi, che cerchiamo semplicemente di amarli, troppe volte siamo stati disprezzati, diffamati, minacciati da invidiosi, millantatori, corrotti e profittatori, tanto in Italia come in Brasile.Intanto Robert, nonostante molti sforzi, è tornato a fare rapine, Vito è stato condannato a morte dal tribunale del narcotraffico per aver disobbedito al codice interno della favela, lo stesso che ha linciato il babbo di Samara, con la piccola disgraziatamente testimone, Julie lotta da due anni per ricostruire una nuova vita libera dal circolo vizioso di uso e vendita di cocaina. Con tali considerazioni, nei momenti più difficili, Julio e io ci siamo chiesti QUANTO COSTA AMARE GLI ALTRI? Anche oggi, pur stanchi e amareggiati, confermiamo con determinazione che qualunque sforzo si faccia vale sempre e comunque la pena sostenere anche una sola singola vita.Ti vogliamo bene. Barbara, il mio Julione e tutti i bimbi di Rocinha che sentiamo come nostri per l´amore sincero e spontaneo che portiamo loro.
Barbara Olivi, olivibarbara@hotmail.com

Grazie Barbara dell'aggiornamento, orgoglioso e amaro. Non so quanto costa amare gli altri. So per certo, comunque, che qualcuno non ci prova nemmeno.

mercoledì 7 ottobre 2009

rio 2016



pare che inizialmente rio non fosse considerata una candidatura interessante, ma alla presentazione del progetto olimpico, la città del carnevale più bello del mondo, ha stupito! ed improvvisamente, tra tokyo, chicago e madrid, è diventata la favorita, a dispetto delle considerazioni pratiche, quali violenza, infrastrutture, traffico, inquinamento, accoglienza...

salvo l'incertezza delle ultime ore per il subentrare di giochi politici, vedi la presenza di obama a copenhagen, per supportare chicago.

venerdì 2 ottobre, giornata della votazione definitiva, il comune di rio ha dichiarato lavoro facoltativo, e la buona coscienza dei carioca ha suggerito che nessuno si presentasse, quando già tutti gli uffici pubblici (banche, ministeri, etc.) sarebbero stati chiusi ;-) il risultato era previsto per le 13:30 locali, ma la spiaggia di copacabana, luogo eletto ai festeggiamenti, era colma di gente già dalle prime ore del mattino e quando chicago è stata eliminata al primo turno, tv globo, incaricata della diretta nazionale, dichiarava 60mila presenze, davanti ad un enorme palco, tra la sabbia e il mare, illuminato dai raggi del sole e rinfrescato dal vento!


all'apertura della busta con la conferma della vittoria: madrid 32 - rio 66! ipanema, quartiere bene e, quindi si suppone composto, è esploso in un urlo all'unisono, sono piovuti coriandoli dal cielo, tutto il popolo si è riversato in strada.
c'ero anch'io, delle due arterie principali che conducono a copacabana, in una il traffico era bloccato e l'altra trasformata in pedonale, come già avviene tutte le domeniche.


sono arrivata a copacabana seguendo la folla itinerante, tra clacson impazziti e gente avvolta nella bandiera verdeoro o con i gadget più stravaganti, dai cappelli, al bodypainting.

mi sono unita ai festeggiamenti a ritmo di samba sino alla domenica, sostentata da caipirinha e dalla generosa allegria di questo popolo che non finisce mai di sorprendermi!


è anche il senso di giustizia ad avermi portata qui e sono colma di gioia per questo segnale: un verdetto giusto, coraggioso, sfidante!


lula aveva detto: "mi servono le olimpiadi per una serie di ideali da divulgare!" e il mondo l'ha ascoltato...è un buon inizio!





sabato 3 ottobre 2009

una giornata qualunque

giovedì giornata tipo di lavoro in favela, inclusa lezione d'italiano agli adolescenti, insolitamente più numerosi, scopro successivamente che sono stati spronati, incitati, motivati, minacciati da helena, la psicologa responsabile del progetto, che una tantum fa un richiamino sugli obiettivi...

mi organizzo per non rientrare a casa tardi, devo cambiarmi e tornare per una festa di matrimonio nella parte alta della favela.
menù: minestrone, pasta (scotta, come comanda il gusto locale) insalata di uova e tonno con torta di panna a forma di cuore, sovrastata dai classici pupazzi bianchi a formare la coppia degli sposi, anche se sono tutti minimo mulatti, mah?!

mi sento osservata, la padrona di casa mi presenta tale andrea che vuole parlarmi, il tipo sembra carino e più elegante della media degli invitati, ma inizia a esprimersi in modo concitato, dice di avere un messaggio per me, da DIO!?!, sostiene cha appena vista entrare gli è apparsa una luce, ha visto un anello, una fede molto brillante al mio dito, e dio l'ha pregato di riferirmi che la mia vita sta per cambiare definitivamente, sto per incontrare l'uomo della vita e tutto quello che ho sempre sognato sta per realizzarsi, non devo fare nulla solo attendere, tutto agitato ripete le stesse cose ininterrottamente, mi chiama irma (sorella) riesco ad interromperlo e gli chiedo chi è irma e lui candido risponde di essere un pastore evangelista e per la loro congregazione siamo tutti fratelli e sorelle! finchè non riesco a congedarmi, non senza che m'inviti a prendere il n. di tel della sorella accanto a lui per chiamarla e farmi recitare le preghiere ;-)

il primo risultato di tanta benedizione lo sperimento all'uscita dalla favela, dove sono sempre appostate auto della polizia in attesa di fermare sospetti, meglio stranieri che in caso colti con un recente acquisto - l'unico possibile in favela per un turista è la droga - cercano di arrotondare lo stipendio con una mancia in cambio della libertà, indi per la terza volta (ebbene si, a dispetto di come mi percepisca, è la terza volta che mi fermano, si vede che ancora non sembro brasilana, sigh) mi sottopongo al solito interrogatorio, da dove vengo, dove vivo, cosa faccio e, per la terza volta mi dicono che chiamano una collega donna che possa perquisirmi, nell'attesa insistono che se ho qualcosa è il momento di dichiararlo, perchè poi non potrebbero più aiutarmi, per la terza volta, disarmati dalla mia tranquillità, si consultano brevemente e mi lasciano andare con il solito "va com deus"!

martedì 29 settembre 2009

riniziare a raccontarsi da un we qualunque

in rocinha, tra le altre iniziative, esiste un'associazione che considerando che i bimbi durante la settimana hanno scuola e sono impegnati, il sabato si preoccupa di offrire un'alternativa alla strada, con varie attività, dalla capoera ai corsi di lingue, passando per il disegno.
un mio amico, filippo, lavora tutta la settimana per dada e poi fa il volontario lì, essendo stato il suo compleanno la scorsa settimana, sabato pomeriggio l'abbiamo accompagnato per conoscere la struttura e festeggiarlo con i bimbi. eccovi le testmonianze fotografiche

http://picasaweb.google.pt/nuno.franco.sousa/Rocinha_set_09?authkey=Gv1sRgCIOB2vT_rsruDw&feat=email#

sabato 11 luglio 2009

tra coloro che son sospesi

questa è la quinta volta, tra andate e ritorni, poi quale meta definire andata e quale ritorno, ancora non mi è chiaro.
oramai riconosco le vertigini che mi colgono almeno una settimana prima della partenza, somatizzo la miscela di emozioni del viaggiare tra due vite: la precedente fatta di affetti radicati e insostituibili e questa, ancora solo passione,
tra due mondi: l'europa, le mie origini, la mia cultura e
il sud america: la proiezione generata da troppe letture e tanti viaggi fatti di paesaggi, sole, colori e canzoni, la musica presente ovunque, sempre!
tra due diversi stili di vita: l'opulenza, il vero benessere, sottostimato e dato per acquisito e la povertà, non solo quella materiale, ma anche quella degli animi
eppure la dove c'è tutto le persone sembrano più problematiche, quanto qui la felicità è palpabile e si traduce nella facilità del sorridere e nella gentilezza degli approcci di tutti.
giovedi, ultimo giorno di lavoro, se così si può definire un'attività che non termina mai, lasciando sempre in agguato un senso di inadeguatezza.
tornando dalla favela sul solito van che percorre tutta leblon e poi ipanema, vista mare, con la spiaggia illuminata a giorno, la gente che corre sulla pista ciclabile e le squadre di varie discipline sportive che si allenano sulla sabbia, già è stata saudade, per questa città tanto meravigliosa, quanto ingiusta ;-) bella da far male, appunto!
mi sembra quasi di fare la vita da studentessa, condivido l'appartamento, esco con stranieri di ogni nazionalità, giro a piedi o con i mezzi e faccio un lavoro utopistico ;-) tutto ciò mi quieta, non so se è l'illusione della gioventù, la novità della seconda vita o se è realmente ciò di cui avessi bisogno, meno, molto meno di quanto la cultura da cui provengo mi abbia insegnato a desiderare!
lunedì torno in italia, sempre in bilico tra due mondi, neanche il tempo di ambientarsi ed è già un susseguirsi di saluti, di chi va e di chi rimane, da ambo i lati, l'elaborazione dei lutti si sovrappone.
la missione è:
- testimoniare al matrimonio di gheri,
- vedere quanti più amici possibile e fare scorta di amore
- timbrare l'autorizzazione per il visto di lavoro al consolato brasiliano (ebbene si! ce l'ho! il più rapido della storia! wow)
- controlli post operatori
- un po' di vacanza, nell'estate mediterranea, qui è inverno, 20/28 gradi ;-), ma fatalmente, oramai da un mese, in settimana - mentre si lavora - sole luminoso e cielo terso, il we nuvoloni!
...allora il sole lo porto dentro...milano: arrivo! rio: ritorno!

mercoledì 1 luglio 2009

insegnante per caso

un giorno qualunque di lavoro in favela, con computer che sembrano avveniristici rispetto alle reti provvisorie che consentono collegamenti sporadici, sommerse da letterine e foto di bimbi, bilanci, relazioni d'insegnanti, sociologhe e psicologhe per dimostrare di meritare i soldini di cui enti vari ci beneficiano.
squilla il telefono di barbara - ininterrottamente - la sento fare il mio nome e dire di essersi dimenticata di comunicarmelo, proseguo noncurante a scrivere, chiude la comunicazione e mi dice che l'insegnante d'italiano del Projeto Jovem è andata via, pertanto l'indomani dovrò fare lezione ai ragazzi! sgrano gli occhi, contorco il volto, balbetto e proprio perchè sto frequentando un corso di portoghese, dico che un'ora e mezza va preparata, in modo da tenere l'attenzione di questi adolescenti scalmanati e svogliati ;-), suppongo...
minimizza, mi lascia un cd, mi procura dei testi d'italiano per bimbi, provenienti da una donazione e, mi congeda.
ordine del giorno dopo, aggiornare l'archivio della rassegna stampa, interrompo il culto della persona su tutte le testate che descrivono barbara olivi come una santa, per me un po' meno: è la capa che mi ha ammollato questa patata bollente, e come al patibolo, pronta a ricevere insulti e minacce, vado verso il mio nuovo lavoro con l'incoscienza dell'ignoranza.
arrivo in anticipo, all'orario stabilito, l'aula è vuota, dopo dieci interminabili minuti, pure, il tempo scorre, sono impaziente, sollecito l'equivalente di una nostra bidella, mi spiega che in brasile la pioggia non è gradita, oggi piove, potendo, meglio evitare di uscire.
dopo venti minuti ne arriva uno, alla fine sono in cinque del doppio stimato. con qualcuno ho già avuto occasione di familiarizzare, comunque mi presento, chiedo i nomi: carol, tatiana, luciele, rodrigo e robson.
pensandomi geniale, inizio con l'invitarli a coppie ad una simulazione di dialogo da rimorchio in spiaggia, tipo "ciao, come ti chiami?", "quanti anni hai?", "dove vivi?", "cosa fai?", "esci questa sera?"...quando non è il loro turno, dormono sdraiati sul bancone in truciolato o disegnano noncuranti, pensando a ciò che non mi è dato sapere.
estraggo il cd di laura pausini, con testo annesso in italiano e portoghese, pensavo di riservarlo per la fine, ma è gia la fine! accendo la musica a massimo volume, per sovrastare gli altri ritmi provenienti dalla strada e le loro voci che, improvvisamnete rianimate, si appassionano e cantano a squarcia gola.
traduco il testo, faccio leggere un brano ciascuno, coniugare i verbi, correggo la pronuncia, lo ricantiamo, poi mi chiedono la versione portoghese e urlano ancora di più.
torno all'italiano chiedendo di mimare per mostrare di capire le parole che leggono, sembriamo tutti pagliacci, sono veramente simpatici e straripano voglia di divertirsi, viva gli adolescenti!
l'ora volge al termine, mi salutano, carol, la più carismatica, mi dice: "eu gostei muitu".
la coordinatrice del Projtto jovem è una psicologa, manifesta sempre troppo trasporto nel salutarmi, credo mi voglia analizzare, ma deve mettersi in coda...comunque...i giovani devono aver condiviso il loro entusiasmo, perchè mi ha confermata: da sostituta, divento di ruolo: domani si replica!

martedì 30 giugno 2009

lista nozze margherita e federico


Erano le 3,30 alba di una nascente domenica di anni fa (doveva essere inizio 2003) ed io ero in compagnia dei ragazzi del progetto serale di doposcuola della nostra associazione, al ballo funky lungo il Valão. Canale aperto di scarico di fogna, fetida ferita larga oltre 2 metri che accompagna per tutta la sua lunghezza, sfiorando le entrate delle case che vi si affacciano, una delle principali vie di accesso, ancora in terra battuta, al cuore intricato di vicoli del quartiere Raiz nella favela Rocinha. I giovani avevano insistito che andassi con loro al famoso ballo funky del sabato notte, per condividere un momento della loro vita e cultura.


Fu proprio li che lo vidi per la prima volta, monello scalzo vestito di sole bermuda, destreggiandosi scaltro nella moltitudine di corpi ondeggianti nell´oscuritá, sorriso sprezzante e gestualitá da grande, un fucile giocattolo di legno in mano esibito come vero, imitazione della realtá vissuta. Doveva avere al massimo 5 anni e camminava solo ostentando sicurezza e controllo della situazione.


Tutta l´area era volutamente immersa nel buio, musica diffusa ad altissima potenza da casse acustiche distribuite come una parete di soli decibel di 20 mt. x 4 di altezza, cadenza paranoica e ripetitiva, testi agressivi inneggiando a uso di droga, esercizio di violenza, armi e guerra, sesso e potere, denaro e cocaina. Questo é il linguaggio e messaggio che la gioventú di favela riceve da un sistema commerciale voluto da potenti che non vivono sicuramente in ghetti simili, bensí in paradisi lussuosi nelle diverse parti del mondo, ma che li vuole proprio qui in favela come mano d´opera di basso costo e alto rischio, clienti dozzinali di veleni di scarto, ostaggi di ritorsioni di polizia corrotta, pedine inconsapevoli di occupare un ruolo studiato a tavolino e a loro designato da accordi di cartelli internazionali.


Quel bambino si trovava al posto sbagliato all´ora sbagliata, se solo si fosse trattato di un altro paese, un´altra cittá. Eravamo invece in una favela nella cittá di Rio de Janeiro, e il tutto era emblema di una delle sue tante realtá. Ne rimasi profondamente colpita e tornai a casa pensando a lui e alla incoerenza e ingiustizia di quanto avevo visto. Continuavo a ripetermi che non era giusto, che quel bimbo avrebbe dovuto essere a quell´ora in un letto pulito e confortevole, coccolato dalla presenza rassicurante della mamma che vegliava sul suo sonno.


Da quell´episodio in poi incontravo Christiano
dappertutto girando per la favela, ne conobbi il nome e la fama negativa di menino de rua che lo accompagnava come uma stigmata. Aveva effettivamente 5 anni, terzo di 5 figli maschi di cui i 3 piú grandi vivevano in mezzo alla strada. La famiglia era composta da mamma Cristina (alle spalle uno storico famigliare di disturbi mentali) Bruno all´epoca 9 anni, Jonathan 7 e Christiano 5, seguiti poi da Joao Vito di 3 e Joao Pedro di appena 1 anno - a ottobre 2008 é nato anche Luis Felipe, il 6º figlio e l´ultimo perché finalmente si é riusciti a far chiudere le tube della mamma, all´ospedale, dopo l´ultimo parto.

Mi misi alle costole di Christiano, ogni qualvolta lo incontravo facevo il possibile per conquistarne l´attenzione, cosa che avvenne gradualmente e con grande diffidenza da sua parte. Quando mi vedeva esordiva in una esplosione di difese alla propria barriera emotiva, mi sputava, tirava pietre e sabbia, calci e morsi, parolacce e insulti, correva lontano e si nascondeva, per saltarmi poi addosso alle spalle quando passavo facendo finta di nulla, mi prendeva il cellulare o altri oggetti e scappava via a cercare di venderli, aveva una reputazione addosso di
bullo e la difendeva strenuamente, ci si identificava e ci si aggrappava come ad una ancora di salvezza, costituiva comunque per lui un punto di riferimento ed una identitá, per quanto forzata e imposta dagli altri, ma era tutto quanto possedesse.

Quando finalmente si stancava, si abbandonava nel mio abbraccio e allora lo portavo alla nostra scuola materna dove insieme alle altre donne della associazione, lo coccolavamo, gli facevamo la doccia e gli cambiavamo i vestiti con altri nuovi, gli davamo da mangiare e giocavamo con lui per capirne la storia e lenire le sofferenze: é inutile specificare che il posto di un bimbo di quella eta´sarebbe dovuto essere la propria casa intesa come focolare e rifugio, accanto ad una mamma che se pur povera potesse essere consolatrice, compagna, porto sicuro e protettore, consolazione per le pene e le paure tipiche dell´infanzia.


Andammo a conoscere la casa e lí fu evidente il perché i 3 figli maggiori preferissero vivere in strada: la dimora era piú una tana che abitazione per esseri umani. Era un sottoscala a forma di L ricavato a latere della scalinata di un vicolo che ne costituiva cosí una delle parete, pavimento in terra battuta e muri in mattoni forati, una sola apertura per la porta in legno in avanzato stato di putrefazione. Spazio minimo e angusto, soffocante e umido, immerso nel buio e nel fetore, covo di topi e scarafaggi enormi e puzzolenti, che disputavano i pochi metri quadri con i 5 bimbi....... Tutta la superficie del pavimento era occupata da uno spessore di circa mezzo metro di masserizie varie e inutilizzabili in decomposizione, puzzo irrespirabile di piscio e fermentazione, un lurido materasso di gommapiuma appoggiato sul cumulo costituiva il giaciglio dei bimbi che vi trovai raccolti in posizione fetale.


Lo storico della famiglia di origine racconta di un nonno tirchio – o chissá cos´altro - che lasciava la propria famiglia in condizioni di vera indigenza, tanto che la nonna per sopravvivere raccoglieva masserizie dalla strada, le accumulava in casa per essere poi rivendute. I suoi figli che ho potuto conoscere personalmente (= quindi gli zii dei bimbi in oggetto) da adulti manifestano tutti disturbi della personalitá, tanto che Cristina stessa, la loro mamma, ha ereditato la paranoia dell´accumulo di rifiuti in casa, ed é in tale situazione che l´abbiamo conosciuta.


Come associazione, ma soprattutto impressionati personalmente dalle condizioni di vita disumane, provvedemmo immediatamente alla ristrutturazione dell´abitacolo, nel tentativo di farne una residenza quanto meno degna e creare le condizioni affinché i bambini tornassero a vivere in casa. La riforma fu totale, fu fatto pavimento in ceramica, pareti intonacate, debellate tane di topi e scarafoni, costruito bagno con doccia e impianto idrico adeguato, angolo cottura, 2 finestre e porta in alluminio, mobili nuovi, letto a castello per i bimbi, materassi lenzuola e cuscini tutto nuovo, e per completare alla fine dell´anno portammo l´albero di Natale addobbato con le luci intermittenti e i regali impacchettati. Abbiamo affiancato l´assistente sociale alla mamma Cristina, e fornito cibo costantemente ogni mese, visitando la famiglia per accompagnarne la crescita.


La situazione miglioró durante i mesi immediatamente successivi, la casa rinnovata costituiva una piacevole novitá che richiamava i bambini a casa, ma non duró a lungo. In una casa dove non é presente il calore della mamma, di conseguenza non esiste collante tra i componenti . Cristina non é mai stata una mamma per i propri figli, piuttosto una compagna e neanche assidua. Non é affettuosa con loro, non gli ha mai cucinato o accudito con efficacia, ai relativi padri non ha mai comunicato la nascita di quel figlio cercando di mantenerli tutti da sola, non ha lavoro fisso, lava saltuariamente il bucato per altre famiglie e si prostituisce in un parcheggio di autobus dove l´abbiamo vista essere malmenata e derisa. Usa droga e consuma alcool. E´ in tale desolante panorama che i sei maschietti sono nati e cresciuti, senza educazione, cultura, amore, conforto e sostegno, portandosi dentro danni psicologici irreparabili.


Questa é la loro storia, aggiornata al mese di giugno del 2009, ma dietro ogni storia che si racconta c´é un cuore che batte e troppo spesso, un cuore che soffre, va quindi letta e interpretata con estrema umanitá e indulgenza.
Bruno é il maggiore con 16 anni. E´un anno circa che vive nella comunitá evangelica in periferia di rio de janeiro,


Jonathan, oggi 14enne, ha una spiccata personalitá, fu lui che a 6 anni di etá portó sulla strada il fratellino minore Christiano che ne aveva solo 4....... per sopravvivere compie piccoli furti e lo vediamo spesso trattare in strada la vendita della refurtiva. É piccolino e muscoloso, assolutamente indipendente, si arrangia con dignitá e simpatia, analfabeta ma intelligente, ci chiede spesso di poter studiare, ma quando gliene diamo la possibilitá... non si presenta mai, segue la vita libera e intensa della condizione di `menino de rua´.


Christiano adesso ha 12 anni, é estremamente intelligente e furbo, indipendente e iper attivo, vulcanico, accattivante, simpatico, creativo, un potenziale genio se si riuscisse a canalizzare le sue esuberanti energie verso un obiettivo che lo conquisti. È difficilissimo gestirlo perché troppo abituato alla vita ribelle senza regole, schemi o orari. Da circa 4 anni la mamma di un narcotrafficante (recentemente ucciso in un regolamento di conti) lo ha accolto a casa propria adottandolo come un figlio. Lá Christiano ha trovato quella pace e attenzioni che non aveva mai avuto prima, sperimentando cosí il piacere di avere un letto pulito dove dormire, ma soprattutto le cure amorevoli e delicate di un adulto che gli vuole bene veramente.


Passa giornate intere con me o mio marito Julio, viene a scuola o in ufficio dove cerca di rendersi utile, ma é bimbo di strada non facilmente assoggettabile ad un orario, e non si é integrato a scuola un anno che siamo riusciti ad ottenere una borsa di studio in un istituto privato. Joao Vito ha 10 anni mentre Joao Pedro 8, entrambi passano le giornate nei vicoli intorno a casa, ma sempre senza alcun controllo da parte della madre. Vanno a scuola pubblica saltuariamente e sono molto ribelli, mentre il piú grande é affettuoso e si stringe a me denotando carenza affettiva, Joao Pedro é particolarmente violento e rabbioso, difficilissimo da gestire e ci fa seriamente temere per il suo futuro.


Circa un anno fa é arrivato Luis Felipe ma le prospettive per lui non sono migliori che per i suoi fratelli.


Questa é la realtá del popolo piú umile delle favelas, questo é ció che fa dei nostri bimbi e ragazzi, individui meritevoli di ogni rispetto e attenzione, la loro sofferenza li rende unici e grandi guerrieri, noi li amiamo con tutto il cuore, ma non basta.



Abbiamo scelto Christiano e la sua storia come icona per altrettante migliaia che potremmo raccontare.


Christiano e Jonhatan manifestano spesso la volontà di proseguire gli studi, ma a causa dei loro trascorsi è difficile inserirli nelle Istituzioni pubbliche, in un corso di livello adeguato.


Ecco che il pensiero di Margherita e Federico di donare l'intero ricavato della loro lista nozze all'Associazione, si concretizza nel progetto specifico per i bimbi di strada, per allestire una struttura dedicata alla loro alfabetizzazione.


Nella nostra sede del "Projeto Jovem" abbiamo un locale idoneo, si tratta di un terrazzo da conformare all'uso, poichè l'edificio non sopporterebbe pareti in muratura, per quando piove o il caldo è soffocante, sarebbe ideale montare dello tensostrutture mobili e installare dei ventilatori. Per quanto concerne l'arredamento, saranno sufficienti alcune sedie con i banchi annessi, una lavagna e la cattedra.


Abbiamo già individuato un' insegnante coraggiosa che si prenda la responsabilità di dare lezioni private a questa ciurma di ragazzini, potenziali geni, in corpi e movenze da banditi. La persona prescelta è capace e preparata e, il nostro obiettivo, è farsi che li introduca al programma didattico ufficiale, così da consentire ai bimbi di affrontare l'esame di fine anno in scuole parificate. Lunedì 3 agosto è la data eletta per l'inaugurazione del corso, considerando che, a queste latitudini, luglio è il mese delle vacanze scolastiche invernali.


Questa è l'esposizione di un progetto che vuole essere un esperimento d'amore, non è detto che l'esito sia positivo, noi ce la metteremo tutta! e in caso di successo già i nostri cuori si librano verso voli pindarici, come proporre congiuntamente l'acquisto di uno spazio definitivo, più appropriato, nella stessa area della favela, per non disperdere tempo ed energie.


Christiano rappresenterebbe l'emblema di un programma di più ampio respiro...e il sogno avanza...


Conto Corrente presso la Banca FINECO. Per i versamenti basta specificare il nome dell'intestatario (Margherita Cecchini) ed il seguente numero di IBAN: IT97 J030 1503 2000 0000 3359 155.